giovedì 31 marzo 2011

COSA C'E' DI NUOVO - 3/2011 aprile

Un invito, un consiglio, un suggerimento. Soprattutto un regalo: perché il teatro è il regalo più generoso che potete fare alla vostra anima e alla vostra coscienza.
Buon teatro a tutti!


NATHAN IL SAGGIO
dove: Piccolo Teatro Grassi
quando: fino al 21 aprile
perché vederlo: perché è uno spettacolo in cui tutti i singoli elementi sono curati e approfonditi e costituiscono un insieme elegante, godibile, rigoroso; perché Carmelo Rifici è la sintesi che concilia teatro tradizionale e nuove generazioni, e perché il cast è perfetto.

DONNA NON RIEDUCABILE
dove: Teatro Elfo Puccini
quando: fino al 3 aprile
perché vederlo: perché Ottavia Piccolo interpreta senza retorica ma in maniera epica la figura di Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa nel 2006 per le sue inchieste sulla guerra in Cecenia.

FINE FAMIGLIA
dove: Teatro CRT
quando: fino al 3 aprile
perché vederlo: perché la Compagnia Animanera è una delle espressioni emergenti del teatro di innovazione.

DUE FRATELLI
dove: Spazio Tertulliano
quando: fino al 3 aprile
perché vederlo: perchè è il testo che ha rivelato al mondo teatrale il talento di Fausto Paravidino.

UNA NOTTE IN TUNISIA
dove: Teatro Franco Parenti
quando: fino al 10 aprile
perché vederlo: perché siamo curiosi di sapere se la mise en espace della Shammah scricchiola.

THE BEAT GOES ON
dove: Teatro Filodrammatici
quando: fino al 9 aprile
perché vederlo: perché Giulio Casale si inserisce nel filone del teatro canzone e sembra avere tutte le caratteristiche per imporsi come il vero erede di Giorgio Gaber in questo genere.

REVE D'AUTOMNE
dove: Piccolo Teatro Strehler
quando: dal 1 al 10 aprile
perché vederlo: per il testo dell'apprezzato autore norvegese Jon Fosse, che ruota intorno ai temi dell'amore, in conflitto con l'eros e con l'inganno d'amore; per la regia di un mostro sacro come Patrice Chéreau.

LA BUSTA
dove: Teatro Franco Parenti
quando: dall'1 al 10 aprile
perché vederlo: perché la compagnia Scimone/Sframeli è tra i vanti italiani a livello internazionale.

MY ARM e REVERSE
dove: Pim Off
quando: 2/3 aprile e 9/10 aprile
perché vederlo: perché l'Accademia degli Artefatti è tra le compagnie di innovazione più affermate.

FAVOLA
dove: Teatro Franco Parenti
quando: fino al 10 aprile - NUOVE DATE AGGIUNTE: 11 - 12 - 19 - 20 - 21 aprile
perché vederlo: perché Filippo Timi in teatro dimostra ancora una volta il suo versatile istrionismo.

L'OPERAZIONE
dove: Teatro Leonardo
quando: fino al 10 aprile
perché vederlo: perché guarda con ironia e leggerezza al mondo del teatro e alle sue crudeltà.

TRILOGIA RICCI/FORTE
dove: Teatro Elfo Puccini
quando: Troia's discount (dal 5 al 10 aprile); Macadamia Nut Brittel (dal 12 al 17 aprile); Pinter's Anatomy (dal 18 al 20 aprile)
perché vederlo: perché Stefano Ricci e Gianni Forte sono dissacranti e innovativi.

EXTREMITIES
dove: Teatro Due di Parma
quando: dal 7 al 10 aprile
perché vederlo: per l'argomento (lo stupro); perché il testo è una delle produzioni off Broadway più rappresentate; perché Alessandro Averone (il protagonista) è uno degli attori più interessanti della generazione dei "poco più che trentenni".

CUORI INFRANTI E OSSA SPEZZATE
dove: Spazio Tertulliano 
quando: dal 7 al 10 aprile
perché vederlo: perché le due protagoniste (Giovanna Rossi e Gianna Coletti) sono solite affrontare tematiche legate al femminile e all'identità della donna con ironia e leggerezza, ma senza banalità.

LA BOTTEGA DEL CAFFE'
dove: Teatro Carcano
quando: fino al 17 aprile
perché vederlo: perché quando entra in scena Enrico Bonavera ci viene in mente l'Arlecchino di Strehler, e siamo più felici.

UN MARITO IDEALE
dove: Teatro Elfo Puccini
quando: fino al 17 aprile
perché vederlo: perché Oscar Wilde era un saggio.

LA MODESTIA
dove: Teatro Out Off
quando: fino al 17 aprile
perché vederlo: Rafael Spregelburd è un genio della scrittura.

PIOMBO
dove: Pim Off
quando: dal 14 al 18 aprile
perché vederlo: perché la compagnia Animanera svolge un interessante lavoro nell'ambito dell'innovazione.

OCCIDENTE
dove: Spazio Tertulliano
quando: dal 14 al 24 aprile
perché vederlo: perché gli attori sono tutti interessanti.


PAURA E DESIDERIO 
dove: Teatro Out Off
quando: dal 26 al 28 aprile
perché vederlo: perché la compagnia Scimmie Nude è tra le più originali per il lavoro sugli attori e il modo di affrontare tematiche importanti.


BLACKBIRD
dove: Piccolo Teatro Studio
quando: dal 26 aprile al 29 maggio
perché vederlo: per l'accoppiata Lluis Pasqual/Massimo Popolizio.

GRAMSCI A TURI
dove: Piccolo Teatro Grassi
quando: dal 27 al 30 aprile
perché vederlo: perché Antonio Tarantino è un autore di ironia e intelligenza rare, con uno sguardo sempre contemporaneo.

ROMEO E GIULIETTA
dove: Teatro della Luna
quando: dal 27 aprile al 1 maggio
perché vederlo: perché è stato il primo successo di Serena Sinigaglia. Peccato solo che Mercuzio non sarà più Fausto Russo Alesi.

LE RELAZIONI PERICOLOSE
dove: Spazio Tertulliano
quando: dal 28 aprile al 1 maggio
perché vederlo: perché il testo affronta il fallimento del cinismo della ragione; perché Linda Gennari e Umberto Terruso sono attori di talento; perché vogliamo avere conferma del talento della giovane regista Silvia Giulia Mendola.

Buon teatro a tutti!

martedì 29 marzo 2011

L'AMORE AI TEMPI DI LUNANZIO E LUSILLA

«Benvenuti in esto bel borgo»: in compagnia di Lunanzio e Lusilla la scena del teatro Arsenale di Milano si trasforma in una piazza rinascimentale.

Alle radici della nostra cultura il concetto di originalità in campo artistico poco aveva a che fare con la creazione ex novo di una forma che mai era stata inventata, ma piuttosto si riferiva all'attribuzione di nuovi significati a linguaggi (verbali e figurativi) già esistenti. 
Lo spettacolo Lunanzio e Lusilla – la trilogia, vincitore della settima edizione della Borsa teatrale Anna Pancirolli, attinge direttamente alla tradizione più antica, quella cavalleresca: nella cornice narrativa interpretata dal “maestro dei giochi”, nei rimandi alla tradizione popolare del teatro di strada (e il progetto nasce proprio su questo terreno), negli aspetti formali e comunicativi (la relazione diretta con il pubblico e l’aperta dichiarazione della finzione scenica) leggiamo la rivivificazione di un modello di teatro comico antico.
E che dei giovani attori giochino con la tradizione e la sfidino a trovare la propria collocazione nel nostro “qui e ora” investe di nuovo significato un tipo di teatro il cui recupero è, in se stesso, motivo di originalità.
A chi verrebbe in mente di scrivere un testo che parla d’amore nella lingua che era propria di Vittorio Alfieri? L’idea, che inizialmente è nata come un estemporaneo esercizio di stile, è stata sviluppata da Loris Fabiani, ventotto anni (il più “vecchio” della compagnia!) e un diploma alla Scuola d’Arte Drammatica Silvio D’Amico (che ha concesso il patrocinio al progetto).
Lunanzio e Lusilla è una trilogia che affronta la fenomenologia dell’amore. Dalla timidezza iniziale alle ombre dell’abitudine, fino alla morte (con resurrezione? Il finale è a sorpresa), il rapporto tra i due giovani innamorati è descritto con sguardo moderno (e un po’ disilluso): l’attualissima superiorità di Lusilla nei confronti di Lunanzio, la trasformazione di quest’ultimo – nell’abitudine deleteria degli anni – in padrone distratto che impartisce ordini, fino al ricongiungimento finale in un Inferno deserto; a Lunanzio si offre la possibilità di riportare alla luce la propria innamorata, a patto di non voltarsi mai a guardarla. Riuscirà il moderno Orfeo a resistere alla tentazione di non guardare la novella Euridice?
In questo periodo in cui è vivo il dibattito sulla comicità a teatro (da non confondersi con il cabaret: qui stiamo parlando di teatro comico) ecco una proposta originale, capace di creare un’autentica relazione con il pubblico attraverso gli strumenti propri dell’attore: la voce e il corpo, senza mai cadere nel grottesco o nella trappola del compiacimento dello spettatore.
I due protagonisti sono lo stesso Fabiani (Lusilla) e Alessandro Marverti (Lunanzio) che, con la modulazione della voce e la gestualità, sanno far ridere – sebbene qualche tempo comico sia ancora da perfezionare, ma il talento farà la sua parte, purché non si guasti con l’appagamento.
Insieme a loro, sul palco, due musicisti altrettanto giovani che non accompagnano semplicemente con le musiche – in parte originali e, in parte, riprese da melodie note (come il duetto Me ne vò, se ne vò, composto da Fiorenzo Carpi per l’Arlecchino servitore di due padroni di Strehler), ma interagiscono con i protagonisti diventando essi stessi personaggi comici fin dalla prima scena, con la tenzone (genere letterario medievale costruito attraverso la contrapposizione di due tesi opposte) a colpi di jingle televisivi. Si crea, così, uno spettacolo dalla fisicità esplosiva, dalla vitalità e dall’energia dirompente.
Se il gioco linguistico è più efficace nel primo episodio, mentre concede un po’ di stanchezza negli altri due, lo spettacolo rivela comunque una maturità tecnica (sia nelle scelte registiche che nella padronanza degli strumenti dell’attore) notevole per questi giovani professionisti. 
visto al Teatro Arsenale il 24.III.2011

Leggi la recensione su Persinsala

Lunanzio e Lusilla

testo e regia Loris Fabiani
con Alessandro Marverti (Lunanzio) e Loris Fabiani (Lusilla)
Lorenzo Barone: Brùsio (chitarra) e Alessandro Cilona: Frìulo (flauto)
e con Linda Caridi: Lùllio (allievo)
collaboratore al progetto Fulvio Vanacore
musiche Lorenzo Barone
responsabile Produzione Hugo Vivone
responsabile Comunicazione Francesco Giannino
produzione Ars Factory Florilegio
con il patrocinio dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma


CHI E' DI SCENA! dal 29 marzo al 3 aprile

MARTEDI' 29 MARZO

DEBUTTI
UNA NOTTE IN TUNISIA
di Vitaliano Trevisan
con Alessandro Haber
regia Andrée Ruth Shammah
Teatro Franco Parenti - Sala Grande
via Pier Lombardo, 14 - tel. 02/59995206


L'OPERAZIONE (Testo di disperazione in cinque quadri)   
scritto e diretto da Rosario Lisma 
con Rosario Lisma, Andrea Nicolini, Ugo Giacomazzi, Andrea Narsi e Lino Spadaro
spettacolo vincitore del premio ETI - Nuove sensibilità 2008 
Teatro Leonardo
via Ampère 1 (ang. piazza Leonardo da Vinci) - tel 02 26.68.11.66


NORA ALLA PROVA. DA "CASA DI BAMBOLA"
adattamento e regia di Luca Ronconi
con Mariangela Melato, Paolo Pierobon, Barbara Moselli, Giovanni Crippa, Orietta Notari, Riccardo Bini, Irene Villa
Teatro Stabile di Genova - Teatro della Corte 
Corte Lambruschini - tel. 010/5342200


INCONTRI
OTTAVIA PICCOLO alla Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi
Reduce dal tutto esaurito all'Elfo Puccini con lo spettacolo "Donna non rieducabile", Ottavia Piccolo incontra gli allievi della Paolo Grassi

MERCOLEDI' 30 MARZO
DEBUTTI
LA BOTTEGA DEL CAFFE' 
di Carlo Goldoni
regia di Giuseppe Emiliani
con Marina Bonfigli, Virginio Zernitz e Antonio Salines
Teatro Carcano  
Corso di Porta Romana 63

UN MARITO IDEALE
di Oscar Wilde
regia di Roberto Valerio
Teatro Elfo Puccini - Sala Shakespeare 
Corso Buenos Aires, 33  - tel. 02/00660606

KVECH
di Steven Berkoff
Accademia dei Folli
Teatro Libero 
via Savona, 11 

GIOVEDI' 31 MARZO
DEBUTTI
THE BEAT GOES ON
di e con Giulio Casale
Teatro dei Filodrammatici 
via Filodrammatici, 1 - tel. 02/36595671

VENERDI' 1 APRILE
DEBUTTI
REVE D'AUTOMNE
di Jon Fosse
regia di Patrice Chéreau
con Valeria Bruni Tedeschi, Marie Bunel, Pascal Greggory, Michelle Marquais, Bulle Ogier, Alexandre Styker, Bernard Verley
Piccolo Teatro Strehler 
Largo Greppi 2 - tel. 848.800.304

LA BUSTA
di Spiro Scimone
con Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Salvatore Arena
Teatro Franco Parenti - Foyer
Via Pier Lombardo 14 - tel. 02/59995206   

MY ARM
Accademia degli Artefatti
Teatro Pim Off
Via Selvanesco, 75 - tel.02/54102612

Affrettatevi... Gli spettacoli che chiudono il 3 aprile
DONNA NON RIEDUCABILE - Teatro Elfo Puccini
DUE FRATELLI - Spazio Tertulliano
FINE FAMIGLIA - Teatro CRT Salone
MY ARM - Teatro Pim Off

Buon teatro a tutti!

lunedì 28 marzo 2011

IL TEATRO CIVILE DI OTTAVIA PICCOLO FA RIVIVERE ANNA POLITKOVSKAJA

Che valore ha la libertà? Che valore hanno la verità, il diritto all'informazione, la tolleranza?
Un nuovo grido si solleva dalle tavole del palcoscenico, teatro di vita e non di intrattenimento: è l'invocazione alla tolleranza tra i popoli, alla convivenza nel rispetto delle differenze, dell'identità di ciascuno, della libertà. Questo grido ha la voce di Anna Politkovskaja, giornalista uccisa il 7 ottobtre 2006 perché la sua voce era troppo acuta, perché i suoi occhi curiosi avevano visto troppo, raccontato troppo: la guerra in Cecenia. La scrittura di Stefano Massini traspone in linguaggio teatrale alcuni articoli e scritti autobiografici della Politkovskaja: il racconto non segue una linea narrativa, non da' spazio alle trame politiche, non vuole essere un'opera storica. E' la Storia, quella che si racconta, e ha tanto più valore nella misura in cui affronta il punto di vista di una donna, prima che di una giornalista, e dà luce a elementi di una quotidianità familiare. La vicenda di Anna, quindi, diventa simbolo ed emblema. Diventa tragedia classica.
Il problema a Grosni è che è tutto un problema... Il problema vero non è la morte: a quella ci si fa l'abitudine.
Infatti i problemi sono altri, enunciati con penetrante ripetitività: è l'acqua, perchè non si può dare per scontata nemmeno la possibilità di lavarsi; è il cibo, perché trovare da mangiare non è ovvio; è l'energia elettrica, perché comunicare è una battaglia e se scrivi articoli troppo lunghi rischi il linciaggio; sono gli spostamenti impediti dai posti di blocco, perché circolare e' un mezzo reato; è dormire, perché le continue esplosioni ti svegliano con il terrore che sia casa tua quella che sta crollando.
La tragedia contemporanea ha gli occhi di una donna che si sacrifica per un ideale, quello della verità. Il suo sacrificio epico è rappresentato come una miniatura, con piccoli gesti quotidiani - quadri che raccontano una piccola parte dell'orrore della guerra - con la storia della Russia degli ultimi venti anni raccontata seguendo le tappe della vita di un soldato diciannovenne, che quella verità non l'ha mai conosciuta.
Volutamente si ha l'impressione di essere dentro a un sogno fatto da brevi istantanee.
Ottavia Piccolo interpreta con rigore, metodo e distacco una donna sobria, la cui intelligenza e acutezza traspaiono nei dettagli che la definiscono. La partecipazione emotiva è sacrificata per raggiungere, nel rapporto con il pubblico, lo stesso ideale epico del teatro di Brecht.
Nei cartelloni infarciti di monologhi accompagnati dalla musica, Donna non rieducabile è in controtendenza scegliendo l’arpa dell’intensa Floraleda Sacchi: le molteplici variazioni timbriche di questo strumento evocano lo stillicidio di sangue da una testa decapitata appesa, il ronzio delle scariche elettriche e dell’energia statica, il suono metallico dei gasdotti.
Uno spettacolo che ci allena all’esercizio della nostra coscienza civile. Necessario.
visto al Teatro Elfo Puccini il 23.III.2011 

DONNA NON RIEDUCABILE
di Stefano Massini
con Ottavia Piccolo
musiche per arpa composte ed eseguite dal vivo da Floraleda Sacchi
regia Silvano Piccardi 

domenica 20 marzo 2011

CHI E' DI SCENA! dal 21 al 27 marzo


LUNEDI' 21 MARZO
DEBUTTI
FAVOLA. C'ERA UNA VOLTA UNA BAMBINA E DICO C'ERA PERCHE' ORA NON C'E' PIU'
di e con Filippo Timi
Teatro Franco Parenti - Sala AcomeA - via Pier Lombardo, 14

DONNA NON RIEDUCABILE 
di Stefano Massini
con Ottavia Piccolo
Teatro Elfo Puccini - Sala Fassbinder - Corso Buenos Aires, 33

MARTEDI' 22 MARZO
DEBUTTI
18 MILA GIORNI - IL PITONE
di Andrea Bajani 
regia di Giorgio Gallione
con Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa  
Teatro Elfo Puccini - Sala Shakespeare - Corso Buenos Aires, 33

MERCOLEDI' 23 MARZO
INCONTRI
GIUSEPPE BATTISTON E GIANMARIA TESTA 
incontrano il pubblico nel foyer del Teatro Elfo Puccini alle ore 18.00
conduce Ira Rubini di Radio Popolare 

GIOVEDI' 24 MARZO 
DEBUTTI 
UNA NOTTE IN TUNISIA 
di Vitaliano Trevisan 
con Alessandro Haber
Teatro Franco Parenti - Sala Grande - via Pier Lombardo, 14

FINE FAMIGLIA
di Magdalena Barile
Compagnia Animanera
Teatro CRT - Salone - via Ulisse Dini, 7 
 
DUE FRATELLI
di Fausto Paravidino
regia di Antonio Mingarelli
Spazio Tertulliano - via Tertulliano 68  

AFFRETTATEVI!!!
Gli spettacoli che chiudono il 27 marzo
18 MILA GIORNI - IL PITONE 
Teatro Elfo Puccini

ORGIA di Pier Paolo Pasolini
Teatro Out Off   


Buon teatro a tutti!!!  

sabato 19 marzo 2011

FACCIAMOCI UNA RISATA SOPRA

Che non significa essere superficiali.
Serena Sinigaglia lo dice e ribadisce con la veemenza che la contraddistingue.
La regista dell'ATIR è stata la protagonista dell'ultimo incontro del ciclo "L'altro lato del comico" organizzato dal Piccolo Teatro nel Chiostro del Teatro Grassi, che sta incarnando alla perfezione la sua vocazione di luogo multimediale, multidisciplinare, punto di incontro e ritrovo, luogo di scambio e approfondimento.
Accanto alla sua estimatrice Claudia Cannella, la Sinigaglia ha espresso concetti densi di significato sul valore del comico nel suo lavoro di regista e di direttore artistico del Teatro Ringhiera, nella periferia difficile di Gratosoglio.

La carriera di Serena Sinigaglia inizia nel 1996 con la regia di Romeo e Giulietta, saggio di fine corso della Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi, in cui era evidente una caratteristica che sarebbe poi stata costante nel suo teatro: ridare vita ai classici non avendo paura di farne emergere gli aspetti comici. Spesso, infatti, il classico viene percepito come qualcosa di così importante che ridere sembrerebbe una mancanza di rispetto. Forse perché, alla base di questo modo di pensare, c'è l'equazione per cui la cultura alta è seria e la comicità, invece, è sinonimo di stupidità ed espressione della cultura bassa.
(Facciamo questi ragionamenti prescindendo dalla declinazione televisiva e cinematografica di comicità, che ha un'altra natura, che ricorre a un altro linguaggio, e che sempre più spesso si trova a coincidere con volgarità e superficialità).
Il comico quale genere letterario, al contrario, non solo ha pari dignità del tragico, ma anzi i due generi devono intersecarsi per dare luogo a una comunicazione che sia efficace per il pubblico: la vita stessa è una tragicommedia, nella vita lacrime e risate si intrecciano in maniera inscindibile, e dunque il teatro, che parla di vita e parla di persone attraverso le persone (gli attori), deve mettere sulla scena questa trasversalità.
Nelle tragedie l'elemento comico viene inserito al culmine di emozioni così intense da essere insopportabili per un tempo troppo lungo. La sdrammatizzazione, quindi, rappresenta una variazione di tono che consente allo spettatore di seguire meglio la linea narrativa del testo: la nostra resistenza al dolore, anche nella vita, è limitata. Per non perderci dobbiamo ridere.
Il teatro della Sinigaglia si muove tra classici e contemporanei. "Lasciamo perdere il modernariato", come dichiarato ironicamente dalla stessa regista. Assistendo alle sue regie dei classici (dai classici greci a Shakespeare, all'ultimo Garcia Lorca) si ha spesso l'impressione che il testo sia stato riscritto.
"E invece no! - dice la Sinigaglia - Io non agisco quasi per niente sul testo, se non operando dei tagli o facendolo tradurre di nuovo. Ogni parola che utilizzo è stata scritta dall'autore, perché senza il rispetto della parola dell'autore non si va da nessuna parte... Altrimenti ti scrivi il tuo testo da solo!".
Seguendo la scrittura e il messaggio dell'autore è quindi possibile ridere anche durante le tragedie, e ridare alle commedie (è stato il caso di Donne in parlamento di Aristofane) la veste comica con cui sono state concepite.
Sembra, invece, che ridere a teatro sia disdicevole, che il teatro, in quanto luogo di cultura, debba essere un luogo serio, composto. Morto, diremmo. Inutile, poi, chiedersi perché la gente non va a teatro, perché lo consideri "una cosa d'élite" (dove élite non è un complimento). A teatro la gente deve trovare vita, domande da farsi e tentativi di risposta al presente, al quotidiano. "La funzione sociale del teatro - continua ancora la Sinigaglia - non potrà mai morire!". Bisogna, però, recuperare lo spirito classico di trasversalità dei generi, ricordando che trasversalità non è sinonimo di contaminazione, ma piuttosto può essere spunto di arricchimento.
Il suo approccio ai classici deriva direttamente da Brecht, il quale in uno dei suoi Scritti teatrali intitolato Effetto intimidatorio dei classici, scrive: "La grandezza dei testi classici consiste nella loro grandezza umana (...) Come se l'umorismo fosse incompatibile con la vera dignità! Il vero rispetto che queste opere giustamente esigono richiede che ogni bigotta, adulatoria e falsa venerazione venga messa alla gogna". Da qui la levità e la sincerità che caratterizza l'approccio della Sinigaglia, sgombra da ogni pigra soggezione, ai classici.
La giovane regista, impetuosa, moderna, vitale, basa la sua concezione della regia su un pensiero che di classico ha moltissimo, ricordando Aristotele e Michelangelo.
"Il testo contiene già potenzialmente la vita. Ma è morto. Il regista deve riuscire a trovare quella linea vitale nel testo e metterlo in atto". Contestualizzando in ambito teatrale la teoria aristotelica di potenza e atto, diciamo che l'autore infonde la vita in un testo prima della sua messinscena, ma la sua vitalità rimane solo in forma di potenza finché il regista (o gli attori stessi prima che nascesse questa figura) non la traduce nuovamente in atto, in azione (e l'etimologia di attore deriva dal verbo latino agere; dunque l'attore è "colui che agisce"). Ma il movimento di portare alla luce una forma già presente nell'essenza della materia è la stessa teoria che Michelangelo aveva della sua opera di scultore.
Insomma, comico e tragico, classico e moderno sono categorie fasulle, restrittive e da superare per arrivare a un'espressione artistica vera, che sia specchio dell'esistenza e che parli al pubblico.

giovedì 17 marzo 2011

NATHAN IL SAGGIO, RIFICI IL CORAGGIOSO

Foto di Attilio Marasco
Ceci n'est pas une critique
Per un semplicissimo motivo: come ha scritto Claudia Cannella nella Carta dei diritti e dei doveri del critico, il critico ha "il dovere di non recensire spettacoli in cui si è coinvolti a vario titolo (se ci sono in scena amici, parenti, amanti; se si è tradotto il testo; se il proprio lavoro si è spostato in settori contigui come direzione/lavoro in festival, ufficio stampa, organizzazione, distribuzione...)". Non dirò il motivo del mio coinvolgimento nel caso di Nathan (non è tra quelli citati), ma mi appello a uno dei diritti del critico, cioè quello di "essere soggettivi e di difendere i propri gusti".

Uno spettacolo teatrale è come un bambino: i genitori, che lo vedono crescere ogni giorno, seguono il percorso evolutivo del bimbo. Gli amici lo vedono quando sta muovendo i primi passi, e dopo appena qualche giorno lo ritrovano molto cambiato, cresciuto. A loro sembrerà più evidente il cambiamento, perché non ne hanno seguito tutte le fasi.
E' quello che mi è successo con Nathan: gli ho visto muovere i primi passi (le prime prove filate), e stasera l'ho ritrovato cresciuto e maturo. E ho imparato che gli amici, anche se pieni di affetto, non possono giudicare quel bambino che ancora non si regge saldo sulle gambe. Forse tra i numerosi vantaggi che passano sotto il nome di esperienza è compresa anche la capacità di capire fin dall'inizio la qualità dello spettacolo. Oppure, forse, l'intuizione degli artisti è qualcosa che sorprende sempre.
Stasera di fronte allo spettacolo adulto siamo rimasti affascinati, e abbiamo faticato a riconoscere i tratti del bambino verso cui abbiamo nutrito più di una perplessità. Tutto ha trovato il proprio posto, in un insieme elegante, preciso, rigoroso, dinamico.
La scena, molto ronconiana nella geometria, è stata sfruttata in tutte le possibilità di movimento che ha reso possibili, creando cambi scena rapidi e sorprendenti. Le luci hanno illuminato di significato scene, costumi, atmosfere. L'impostazione degli attori è coerente e sempre giustificata, i personaggi sono caratterizzati con precisione e chiarezza. Il livello è molto alto, nei singoli e nel complesso.
Lo scoglio delle tre ore si rivela una comodissima battigia: passano velocemente, in maniera gradevole. Rifici fa emergere l'ironia disseminata nel testo da Lessing. Ecco, forse nel primo atto ci sono alcuni momenti in cui il ritmo viene rallentato per effetto di alcune ripetizioni nell'originale. Sicuramente non mi hanno convinto le musiche: didascaliche, in alcuni momenti retoriche e in altri addirittura fastidiose nel coprire la voce dei personaggi. 

Un classico spettacolo da teatro Stabile, si potrà obiettare. Ma, a volte, che male c'è? In queste circostanze cito quello che è stato il mio maestro: "non esiste un teatro vecchio e uno nuovo: esiste solo un teatro bello e un teatro brutto".
Rifici riesce a portarmi dalla sua parte anche quando dichiara l'inattualità del testo, e cioè il non dover esplicitare il riferimento alla realtà attuale perché, in quanto classico, è universale. 
Nathan ha molto da dirci, e lo fa portandoci in quel mondo epico e fiabesco della Gerusalemme ai tempi delle Crociate, tra templari, dervisci, patriarchi e sultani. Il messaggio è chiarissimo, e sarebbe bello che il teatro tornasse ad avere quel valore civile che aveva ai tempi degli antichi Greci. Intanto che ci crogioliamo nell'utopia ascoltiamo il messaggio letto a fine spettacolo sulla situazione terribile in cui è relegata la cultura nel nostro paese (in)civile.


Guarda l'intervista a Carmelo Rifici: Piccolo Teatro web tv

martedì 15 marzo 2011

E ALLA FINE ARRIVA...NATHAN!!!

Dopo un mese e mezzo di prove, dopo lunga attesa, tra curiosità e aspettative è arrivato il giorno del debutto di Nathan il saggio, la nuova produzione del Piccolo Teatro. 
Sono tante le ragioni di interesse intorno a questo spettacolo. Innanzitutto, dato che il teatro è fatto in primo luogo dalle persone, parliamo degli artisti. A partire dal regista, Carmelo Rifici: allievo di Ronconi, ormai sta definitivamente lasciando il "nido" del maestro per seguire la propria strada artistica. Sicuramente il dna "ronconiano" gli è entrato nel sangue, ma se questo si traduce in eleganza e invenzioni sceniche allora il risultato è maturo. Con Dettagli si è imposto con autonomia rispetto al suo maestro. In Avevo un bel pallone rosso la sua regia è stata delicata e forte insieme, dimostrando di saper trovare il giusto equilibrio, la proverbiale misura della virtù, tra emozione e razionalità. In Nathan vedremo una scenografia di suggestione lepagiana, con forme geometriche che si intersecano e movimenti di scenografia ben modulati. 
Sugli attori non c'è molto da aggiungere, il loro nome parla da solo: Massimo De Francovich e Fausto Russo Alesi fanno parte dell'eccellenza che il nostro teatro può vantare. 
La trama di Nathan è ormai nota, per effetto della sovraesposizione del testo in questa fase pre-primaverile milanese. Tre allestimenti in poche settimane hanno fatto parlare a sufficienza dell'opera. Questa produzione del Piccolo, però, è l'unica vera messinscena del testo: senza riletture, senza adattamenti, senza facilitazioni, (...e senza paura!!!) Rifici mette in scena integralmente gli immensi cinque atti del poema che Lessing scrisse nel 1779, dieci anni prima della Rivoluzione Francese. Non è un'impresa per temerari (nemmeno per il pubblico che vi assisterà): Lessing, fine pensatore illuminista, certo, ma soprattutto grande letterato nonché uomo di teatro, sa tenere alta la curiosità del pubblico con una trama che si arricchisce di equivoci, sentimenti contrastanti e contrastati, agnizioni, colpi di scena. Da buon pedagogo, utilizza il divertimento teatrale per esporre con una leggerezza a metà tra favola e parabola una teoria etico-morale più che filosofica: l'uguaglianza tra le religioni. L'attualità dell'argomento è fin troppo evidente: infatti Rifici, per non cadere in facili e scontati riferimenti alla contemporaneità, mantiene l'atmosfera fiabesca e medievale del testo originale, senza sfarzo ridondante nella scenografia e nei costumi, ma portandoci in un altro mondo, popolato da dervisci, templari e sultani. Sarà dovere dello spettatore compiere lo sforzo intellettuale di riportare questa parabola ai giorni nostri. E, del resto, il teatro serve a smuovere le menti, a svegliare le coscienze, ad acuire l'intelletto.
Piccolo Teatro Grassi 
dal 15 marzo al 21 aprile

Intervista a Carmelo Rifici

NATHAN IL SAGGIO
di G.E.Lessing
regia Carmelo Rifici
con Massimo De Francovich, Fausto Russo Alesi, Max Speziani, Marco Balbi, Vincenzo Giordano, Francesca Ciocchetti, Bruna Rossi, Stella Piccioni

lunedì 14 marzo 2011

L'ULTIMO NASTRO DI KRAPP REGISTRATO ALLA PERFEZIONE DA GIANCARLO ILARI

L'età dei personaggi teatrali non è un semplice elemento della finzione scenica, che si può decidere di rispettare o meno. Se in alcuni casi è pur vero che il trucco e la tecnica sono mezzi sicuri attraverso cui un attore può costruire un personaggio anagraficamente distante da sé, ci sono tuttavia personaggi che sono fatti della stessa materia della vita: non possono essere interpretati da attori che non abbiano la stessa età (magari descritta dall'autore stesso), non possono trovare espressione in un corpo che non sia coerente con la loro età, non possono parlare attraverso una voce incongrua, non possono attingere a esperienze diverse da quelle che l'età comporta.
Krapp appartiene a questa categoria di personaggi: il burbero vecchio cui Beckett ha dato vita si muove in bilico tra passato e presente, conscio che non ci sarà più futuro per lui. Si offre allo sguardo del pubblico nel giorno del suo sessantanovesimo compleanno, impegnato nel rituale della registrazione su un nastro degli avvenimenti più significativi dell'anno appena trascorso. Prima, però, vuole ascoltare il nastro su cui è registrato il racconto degli eventi che risalgono a quarant'anni prima e che segnano l'addio di Krapp non solo all'amore, ma a tutti i rapporti umani. In nome della concentrazione sulla propria carriera artistica.
L'ultimo nastro di Krapp, quello che si appresta a incidere, racchiude il bilancio della scelta fatta tanti anni prima.
In uno spazio che evoca la "tana" descritta da Beckett nelle didascalie (giustissima la scelta di ambientare lo spettacolo nello spazio minimo del piano sotterraneo del Teatro Due), Krapp emerge dal buio come una creatura nata dalla fantasia, ma ha uno spessore di concretezza che l'umanità che si porta dentro gli conferisce. Un'umanità densa di rimpianti e sofferenza, fatta di dettagli comici e commoventi, che Giancarlo Ilari rende con una naturalezza che non concede nulla al grottesco per rimanere così intensamente avvolta alla realtà da far emergere un lirismo che solitamente in Beckett cede il passo all'assurdo.
Da splendido ottantaduenne Ilari presta non solo corpo e voce, ma anche tempi, carisma, vissuto al suo Krapp, e all'interno della partitura precisa imposta dagli eredi Beckett si muove con una naturalezza tutta personale, trovando coloriture, modulazioni della voce, andature suggerite dalle stesse didascalie e dalla punteggiatura. Come ha sottolineato il regista Massimiliano Farau, "dietro la partitura precisissima di Beckett c'è sempre un motivo: eseguendo le didascalie l'attore 'sente', ne emerge un'immagine molto forte con una icasticità e una forza che va oltre e suggerisce un'inifinità di significati possibili"
Tutta la scena si gioca sull'asse temporale del continuo slittamento tra passato e presente: l'addio al mondo compiuto in un passato ormai così lontano si riflette nel presente di una vita giunta al termine delle sue possibilità di realizzazione; Beckett fa di Krapp il paradigma della moltiplicazione dell'io che trova contemporaneità di rappresentazione dell'io passato e dell'io presente. Cosa rimane dei propositi di condurre una vita di solitudine, di rinchiudersi nel buio che mi circonda? Rimane il vecchio, che considera il giovane come un povero cretino. Nell'ultimo nastro che incide c'è tutta la forza distruttiva e catartica di Beckett. 
Nello spazio interamente costruito sul contrasto cromatico bianco/nero l'autore fa voltare il capo al suo personaggio solamente due volte, facendogli sospendere l'azione che stava compiendo: improvvisamente non siamo più soli, e percepiamo l'alito della morte che ci osserva dall'oscurità. Per Krapp il passare del tempo è irrimediabile, ma noi possiamo ancora correggere le nostre scelte: non a caso la parola finale è affidata al Krapp trentanovenne, come a far intendere che per noi la salvezza è ancora possibile.
visto al Teatro Due di Parma il 13.III.2011

KRAPP'S LAST POST
di Samuel Beckett
traduzione di Carlo Fruttero
con Giancarlo Ilari
regia di Massimiliano Farau
produzione Fondazione Teatro Due 

domenica 13 marzo 2011

CHI E' DI SCENA!

compendio degli spettacoli che non bisogna perdere nella settimana dal 14 al 20 marzo

 LUNEDI' 14 MARZO
APPUNTAMENTI...
Biblioteca Sormani - ore 18.30
Sala del Grechetto - via F.Sforza 7
Filippo Timi incontra il pubblico in vista del debutto del suo prossimo spettacolo "Favola. C'era una volta una bambina. E dico c'era perché ora non c'è più", che sarà in scena al Teatro Franco Parenti dal 21 marzo al 10 aprile.

DEBUTTI...
Citus, altius, fortius - Teatro Martinitt - via Pitteri 58
dal 14 al 16 marzo
Nuovo spettacolo di Stefania Pigato, primo appuntamento della rassegna "Olympic Games: la danza incontra lo sport"

MARTEDI' 15 MARZO
DEBUTTI...
Nathan il saggio - Piccolo Teatro Grassi
Nuova produzione del Piccolo Teatro. Con la regia di Carmelo Rifici e un cast di altissima qualità (su tutti Massimo De Francovich e Fausto Russo Alesi)

 VENERDI' 18 MARZO
DEBUTTI...
Potevo essere io - Spazio teatro 89, via F.lli Zoia 89 
18 e 19 marzo
Nuova produzione della Compagnia Dionisi, una delle realtà emergenti del teatro indipendente

SABATO 19 MARZO
DATA UNICA...
Daewoo di Francois Bon, regia di Serena Sinigaglia - Piccolo Teatro Studio
Teatro sociale all'interno della quinta edizione della rassegna Face à face - Parole di Francia per scene d'Italia, che porta in Italia gli autori contemporanei francesi messi in scena da compagnie italiane

Sorelle d'Italia - Varese, Teatro di Varese - Piazza Repubblica
L'Unità d'Italia vista attraverso le canzoni che ne hanno fatto la storia, rilette in chiave brillante da due donne di palcoscenico come Isa Danieli e Veronica Pivetti

DEBUTTI... 
Pink, me & the roses - Pim Off
19 e 20 marzo
Produzione Codice Ivan e Centrale Fies, vincitore del Premio Scenario 2009

AFFRETTATI! Gli spettacoli che chiudono il 20 marzo...
Un flauto magico di Peter Brook al Piccolo Teatro
...riservato a chi ha già il biglietto perché è sold out da tempo
Cruel+tender al Teatro Litta
...a volte fa bene vedere anche i brutti spettacoli
Urge di Bergonzoni al Teatro Elfo Puccini
...imperdibile giocoliere delle parole
DA VEDERE ANCHE...
Orgia di Pasolini al Teatro Out Off
Progetto Horovitz al Teatro Elfo Puccini
La fila di Horovitz al Teatro Due di Parma
Krapp's last post di Beckett al Teatro Due di Parma

...Buon teatro a tutti!!!

SOGNO LUCIDO O REALTA' ONIRICA? SORPRENDENTE COMMEDIA DI SPREGELBURD

Ancora la famiglia al centro dell'indagine del mezzo artistico teatrale. Luogo di violenze invisibili e indelebili, in cui i personaggi cercano di trovare la propria identità. Luogo che dovrebbe essere di rifugio, protezione, aiuto nel percorso di affermazione del sé, e che invece si rivela il primo ring in cui si è chiamati a combattere. 
Combattono e si combattono a vicenda i protagonisti di Lucido, nuova commedia (ma la definiremmo meglio tragicommedia) del giovane (classe 1970, ma da noi un quarantenne è artisticamente un neonato) "teatrista" (autore, attore, regista teatrala) argentino Rafael Spregelburd, che abbiamo imparato a conoscere grazie a Bizarra, la "teatronovela" presentata al defunto (o forse no) Napoli Teatro Festival, e che ha vinto il Premio Ubu 2010 come migliore novità straniera, e grazie all'Eptalogia di Hieronymus Bosch pubblicata da Ubulibri. 
La trama si dipana nelle pieghe di una storia famigliare inquietante e surreale: una figlia bambina dona un rene al fratellino in fin di vita; dopo quindici anni di assenza da casa torna a riprendersi l'organo prestato. Si scatenano dinamiche esplosive tra tutti i componenti del nucleo domestico, compreso il nuovo amico della madre, in un ritmo scandito dal continuo slittamento dei piani del reale e del surreale, in cui il protagonista (il figlio a cui è stato donato il rene), paziente di una terapia psicologica bizzarra, apira al raggiungimento del "sogno lucido", di quel sogno in cui si mantiene la lucidità necessaria per controllare gli eventi.
L'essenza della scrittura di questo testo emerge nella regia discreta della compagnia Costanzo/Rustioni: discreta perché non cede alla tentazione di sovrascrivere una tessitura comica che sarebbe risultata ridondante e fastidiosa. Spregelburd scrive calcolando le risate: sa quando far ridere il pubblico e quando tenerlo con il fiato sospeso; gioca con il ribaltamento di prospettiva, con l'effetto sorpresa dei continui (ma non ridondanti) colpi di scena, fino all'ultimo coup de théatre che spiazza lo spettatore senza preavviso sorprendendo le sue aspettative.
I due registi scelgono l'unica via efficace per la messinscena, quella del naturalismo, sia nella recitazione che nell'allestimento della scena (con dettagli iperrealistici). Le luci descrivono le ambientazioni: quella onirica e quella reale, ma il realismo del salotto è così esasperato da farcelo percepire come surreale. Insomma la creazione di Spregelburd è pirotecnica e forse eccede nel virtuosismo della scrittura quel tanto che basta da rendere difficile la partecipazione emotiva. 
Il testo, pur nel divertimento dei movimenti della trama, lascia molti argomenti di riflessione, tra cui i più incisivi sono l'affermazione del sé di Luca, il protagonista, la valutazione sul valore di una vita troncata all'apice o portata avanti con le difficoltà della crescita scandita da insuccessi e delusioni, i legami famigliari così complicati da gestire e da vivere.
"Ogni casa è un mondo", dice la madre, e quella che ci si propone è una famiglia costruita su un "patto di menzogne e trapianti"
La partitura comica è incarnata in maniera impeccabile da Milena Costanzo che interpreta la madre con un naturalismo raro. Accanto a lei Roberto Rustioni nell'antitetico doppio ruolo del cameriere/amante. Non al loro livello i due giovani, Maria Vittoria Scarlattei e Antonio Gargiulo.
visto al Teatro i il 12.III.2011

LUCIDO
di Rafael Spregelburd
traduzione di Valentina Cattaneo e Roberto Rustioni
con Milena Costanzo, Roberto Rustioni, Antonio Gargiulo, Maria Vittoria Scarlattei   

sabato 12 marzo 2011

LA COPPIA VACIS-BINASCO NON VINCE LE CROCIATE

"Una dolorosa notizia" giunge dal Teatro Franco Parenti: la coppia di campioni teatrali Vacis-Binasco non vince la sfida con Lessing.
Binasco, dopo essere riuscito a stappare un'espressione persino a Riccardo Scamarcio, dimostrando di saper dirigere gli attori con maestria, in Crociate si fa guidare da Vacis, emblema del teatro di narrazione. Lo spettacolo è liberamente ispirato a Nathan il saggio, poema drammatico composto da Lessing nel 1779: manifesto della tolleranza religiosa, dell'uguaglianza tra le religioni, della convivenza tra popoli, la vicenda si svolge nella Gerusalemme musulmana del Saladino, ha come protagonista l'ebreo Nathan e sua figlia adottiva, nata cristiana ma allevata come ebrea, della quale si innamora un giovane templare.
Della ricchezza delle vicende narrate in Nathan se ne dà un'esposizione didascalica e molto semplificata: operazione necessaria, data la mole dei cinque atti prodotti da Lessing, ma soggetta al rischio di risultare superficiale, dato che il dichiarato intento divulgatorio necessita di un linguaggio accessibile a tutti.
Dell'immenso testo di Lessing viene mantenuto, quasi letteralmente, il racconto dei tre anelli, punto focale del tessuto etico-filosofico del dramma: il Saladino chiede al saggio Nathan di dirgli quale delle tre religioni monoteiste sia la migliore, e questi risponde raccontando la parabola del padre che lascia in eredità ai figli tre anelli perfettamente identici, tanto da non riuscire a distinguere quale fosse l'originale.
La riscrittura drammaturgica di Vacis non approfondisce i significati filosofici del poema, ma segue piuttosto la linea narrativa di fatti intrecciati in maniera avvincente, in un crescendo di agnizioni fino al ricongiungimento finale.
Nella scrittura del regista trovano spazio, prima di entrare nel vivo del poema di Lessing, il poema del tempo di Qohelet, la cui potenza lapidaria è capace di creare suggestioni mediorientali, la Gerusalemme liberata del Tasso e l'arabesco indecifrabile di Elsa Morante, tratto dal poema Il mondo salvato dai ragazzini, di cui Vacis condivide la forma che mescola significati filosofici e realtà quotidiana. Nello spettacolo, infatti, si familiarizza (o, almeno, questo si dovrebbe fare) con il personaggio di Bottazzi, compagno di scuola del protagonista-narratore e - in quanto ragazzino dall'intelligenza fine - balbuziente (scelta forse un po' troppo consenziente a una stereotipizzazione dei personaggi che li astrae dalla concretezza cui questi personaggi sono chiamati) e protagonista dell'amara conclusione.
Lo spettacolo ha una scena iniziale molto evocativa e suggestiva, in cui videoproiezione e attore interagiscono creando una scenografia interattiva efficace. Le luci calde e dorate, per cui si è studiato un elegante gioco di riverberi che rendono la scena dinamica e avvolgente, e l'utilizzo del telo bianco rivestito di funzioni diverse (muro, soffitto, velo, quinta) facevano sperare in una regia fantasiosa. Invece lo spettacolo si appiattisce nei modi del teatro di narrazione, staticamente inchiodato all'avanscena e devoto alla povertà di oggetti scenici.
Binasco non ha convinto con la sua interpretazione colloquiale, con la dizione imprecisa e "sporca", con la mancanza di ritmo: non è riuscito a utilizzare la musica (capace, lei sì, di creare immagini da offrire alla fantasia del pubblico) per modulare il ritmo delle parole.
Il sospetto è che non si riesca a sfruttare l'enorme ricchezza di un testo, quello di Lessing, che molto ha da dire per l'attualità degli assunti etici e filosofici, e che invece rimane fermo in una dimensione che non riguarda il contemporaneo. Che il regista, poi, non abdichi alla propria missione autoriale e non si sottragga al dovere di offire al pubblico un'interpretazione del presente e non una messiscena "di servizio"!
Aspettiamo di assistere all'interpretazione che darà di Nathan il saggio (questa volta in forma quasi integrale) Carmelo Rifici nella nuova produzione del Piccolo Teatro, che debutterà martedì 15 marzo al Teatro Grassi di via Rovello.
visto al Teatro Franco Parenti il 2.III.2011
CROCIATE
Liberamente ispirato a Nathan il saggio
di Ephraim Gotthold Lessing
adattamento, riduzione e regia di Gabriele Vacis
con Valerio Binasco

lunedì 7 marzo 2011

IL TEATRO MAGICO DI PETER BROOK

Durante la conferenza stampa di presentazione dell'altro grande evento teatrale ospitato dal Piccolo Teatro, il ritorno di Pina Bausch in Italia, il direttore Sergio Escobar disse che ci sono alcune grandi personalità per le quali esiste un "prima" e un "dopo": dopo averle incontrate non possiamo più essere gli stessi, non possiamo più avere le stesse concezioni teatrali. Peter Brook è un gigante della regia europea e l'incontro con il suo teatro totale è un'esperienza che fa germogliare in chiunque vi assista idee per un teatro diverso, ipotesi di nuove teorie. Per i giovani è scoprire un filo diretto con il passato, con una tradizione di ricerca (non gratuito ossimoro) che è ancora viva, attuale, dinamica.
Un flauto magico, che si presenta come un compendio del teatro di Peter Brook, mette in scena l'opera di Mozart rivelando nell'articolo indeterminato l'identità autonoma dello spettacolo rispetto all'originale. Brook ha lavorato limando, tagliando, scavando come uno scultore fa con il marmo per arrivare al cuore, all'essenziale dell'opera: scenografia minimale, così come i costumi, drammaturgia ridotta per accentuare il nucleo essenziale della vicenda (tra favola e rito di iniziazione), ma soprattutto la partitura musicale che ha abbandonato qualsiasi fasto orchestrale per arrivare al suono romantico e intimista del pianoforte. 

"Posso scegliere uno spazio vuoto qualsiasi e decidere che è un palcoscenico spoglio. Un uomo lo attraversa e un altro lo osserva: è sufficiente a dare inizio a un'azione teatrale" (P.Brook, Lo spazio vuoto). 
Quello spazio vuoto si è concretizzato, in questo spettacolo, nelle trentacinque canne di bambù, montate su un piccolo piedistallo che ne consente lo spostamento e l'uso simbolico, che costituiscono l'unico elemento scenografico. Il teatro di Peter Brook è tutto simbolico: nella sincerità dell'essenza scenica si assite a un rito, che per sua natura rimanda a significati veicolati da oggetti che in quel momento assumono in loro un'essenza più grande. Così un telo steso per terra è simbolo di uno stato d'animo o di un luogo, le canne di bambù evocano luoghi, le luci si fanno elemento scenico per la loro capacità di evocare passaggi emotivi dei personaggi, e una cassa coperta con un telo diventa il letto in cui Papageno e Papagena finalmente possono incontrarsi.

Dell'opera originale Peter Brook ha mantenuto l'atmosfera più giovane, vitale, scanzonata, che spesso rivela l'ironia e la leggerezza proprie dei giovani. Le scelte registiche confluiscono nella direzione della leggerezza: gli attori-cantanti, tutti giovani, a piedi scalzi e con i costumi minimali, sono lontani dai modi della lirica e dalla sua rigidità. Lontani anche dal dinamismo teatrale, che pure ci aspettavamo di trovare nello spettacolo e la cui mancanza ci ha deluso, creando una certa difficoltà al coinvolgimento emotivo: unica stonatura in un insieme molto ben concertato di semplicità e forza. 
Lo spettacolo, con libretto in tedesco e recitazione in francese (sovratitolato con qualche imprecisione), ideato per lo spazio molto raccolto del Théatre des Bouffes du Nord (che Peter Brook dirige dal 1974 e a cui darà l'addio alla fine della stagione in corso), non ha sofferto l'allestimento nello spazio molto più grande del Teatro Strehler: come formalizzato dal regista nel testo-manifesto della sua poetica Lo spazio vuoto, “La concentrazione di un grande numero di persone crea un’intensità unica che consente di isolare e di percepire con maggiore chiarezza forze che sono sempre in azione e che regolano la vita quotidiana di ogni indivuduo”.
Un flauto magico è uno spettacolo delicato, elegante, efficace nella sua essenzialità, e - per tutti questi motivi - capace di comunicare oltre le parole, attraverso le suggestioni.
visto al Piccolo Teatro Strehler il 5 marzo 2011
  
UN FLAUTO MAGICO
da Wolfgang Amadeus Mozart
liberamente adattato da Peter Brook, Franck Krawczyke Marie-Hélène Estienne
regia Peter Brook
 

martedì 1 marzo 2011

COSA C'E' DI NUOVO - 2/2011 marzo

Un invito, un consiglio, un suggerimento. Soprattutto un regalo: perché il teatro è il regalo più generoso che potete fare alla vostra anima e alla vostra coscienza.
Buon teatro a tutti!


LA TEMPESTA
dove: Teatro Elfo Puccini
quando: fino al 6 marzo
perché vederlo: per l'interpretazione di un attore di esperienza come Umberto Orsini; perché Shakespeare fa sempre bene (lo dirò sempre!)

UN FLAUTO MAGICO
dove: Piccolo Teatro Strehler
quando: fino al 19 marzo
perché vederlo: perché Peter Brook è un maestro e la sua opera va conosciuta dal vivo

CRUEL+TENDER
dove: Teatro Litta
quando: fino al 20 marzo
perché vederlo: per il testo dell'autore inglese contemporaneo Martin Crimp (e gli inglesi sono sempre interessanti)

CROCIATE
dove: Teatro Franco Parenti
quando: dal 1 al 13 marzo
perché vederlo: perché incuriosisce il risultato che darà l'accoppiata Binasco-Vacis; perché se Nathan il Saggio di Lessing è uno dei testi più rappresentati del momento un motivo ci sarà...andiamo a vedere qual è!

LUCIDO 
dove: Teatro i
quando: dal 3 al 13 marzo
perché vederlo: per Rafael Spregelburd, autore tra i più interessanti per la scrittura e i contenuti

ORGIA
dove: Teatro Out Off
quando: dall'8 al 27 marzo
perché vederlo: perché è l'anno di Pasolini, che è attualissimo; per dimostrare all'Assessore Maerna, che voleva censurarlo, che si è sbagliato

TRILOGIA 
dove: Teatro della Cooperativa
quando: dal 9 al 20 marzo
perché vederlo: perché il lavoro della Sinigaglia non è mai banale 

PRIMA PERSONA
dove: Spazio Tertulliano
quando: dal 10 al 13 marzo
perché vederlo: per vedere il lavoro della compagnia Sanpapié, tra le più quotate nel teatrodanza

NATHAN IL SAGGIO
dove: Piccolo Teatro Grassi
quando: dal 15 marzo al 21 aprile
perché vederlo: per il testo (vd. Crociate); per la regia di Carmelo Rifici, discepolo di Ronconi che si sta sempre più affermando; per il cast in generale (tra cui Massimo De Francovich e Max Speziani), ma soprattutto per Fausto Russo Alesi!

FAVOLA
dove: Teatro Franco Parenti
quando: dal 21 marzo al 10 aprile
perché vederlo: perché Filippo Timi in teatro dimostra ancora una volta il suo versatile istrionismo

DONNA NON RIEDUCABILE
dove: Teatro Elfo Puccini
quando: dal 21 marzo al 3 aprile
perché vederlo: perché Ottavia Piccolo è una sicurezza; per approfondire un tema contemporaneo (l'uccisione della giornalista Anna Politovskaja)

18 MILA GIORNI
dove: Teatro Elfo Puccini
quando: dal 22 al 27 marzo
perché vederlo: perché Battiston fa parte di quella generazione di attori che ci dà tante soddisfazioni; perché la musica di Gianmaria Testa è poesia; perché il regista Gallione ci ha abituati ai grandi successi di Lella Costa

FINE FAMIGLIA
dove: Teatro CRT - Salone
quando: dal 24 marzo al 3 aprile
perché vederlo: perché la Compagnia Animanera è una delle espressioni emergenti del teatro di innovazione

UNA NOTTE IN TUNISIA
dove: Teatro Franco Parenti
quando: dal 24 marzo al 10 aprile
perché vederlo: per l'interpretazione di Alessandro Haber; perché l'ambientazione tunisina è, suo malgrado, attuale

DUE FRATELLI
dove: Spazio Tertulliano
quando: dal 24 al 27 marzo
perché vederlo:  per il testo di Fausto Paravidino

L'OPERAZIONE
dove: Teatro Leonardo
quando: dal 29 marzo al 10 aprile
perché vederlo: per due attori, Rosario Lisma e Andrea Nicolini, apprezzati nei Demoni di Stein; perché è uno sguardo endogeno sul mondo teatrale

Segnalo due spettacoli prodotti dal Teatro Due di Parma, che andranno in scena a marzo al Teatro Due.
KRAPP'S LAST POST: da vedere perché ci vorrebbe un Beckett al mese per riappacificarci con il teatro
LA FILA: per il testo del contemporaneo Horovitz (con occhio attento alla realtà attuale)