A distanza di quasi due mesi dal mio primo approccio alla The Kitchen Company ho rivisto "Nemico di classe" e ho visto "Mea culpa". Cosa è cambiato nel mio giudizio dopo due mesi?
Rispetto a quanto scritto subito dopo aver visto lo spettacolo e alla luce delle prime informazioni raccolte sulla Compagnia il giudizio generalmente positivo non è cambiato, ma sicuramente è stato approfondito e si è affinato. Non sono tutti bravi, i due spettacoli non sono geniali, l'operazione di Massimo Chiesa con questi 32 ragazzi è molto meno poetica di quanto non mi sia sembrata inizialmente.
Sicuramente sul giudizio rivisto e corretto influiscono anche le informazioni un po' meno ufficiali (ma quasi sempre molto più utili, quando non viziate da malevolo pettegolezzo - e non è questo il caso) che ho raccolto. Non credo, però, che in un giudizio consapevole e maturo debbano entrare questi fattori: e qui mi faccio una bella autocritica!
Dovremmo attenerci al giudizio dell'aspetto artistico (e organizzativo, se c'è materiale su cui discutere...) perché la dimensione privata non ci compete. Ci riguarda decisamente di più se le faccende private si riflettono davanti allo spettatore che abbia occhio allenato e acuto.
La mancanza di professionalità di molti componenti artistici e (cosiddetti) organizzativi della Compagnia è evidente nei ritardi costanti e consistenti nell'inizio degli spettacoli, nelle (non) presenze al botteghino di un responsabile di compagnia, nella dubbia preparazione professionale di molti attori (attrici).
Apriamo il capitolo artistico: in entrambi gli spettacoli manca completamente la regia. E non è cosa che si riesca a nascondere.
"Mea culpa" ha un testo molto interessante e forte sul moralismo cattolico che mostra contraddizioni e ipocrisie. Peccato aver sprecato la drammaturgia per l'assenza di un regista vero. Personaggi impostati tutti sulla stessa linea interpretativa, con attrici che non hanno gli strumenti per mettere una toppa a questo buco direttivo.
La differenza tra i due spettacoli è questa: a parità di assenza registica sono gli attori a fare la differenza. E a parità (quasi) anagrafica è la preparazione professionale a fare la differenza. Ecco il punto: i ragazzi sono diplomati alla Silvio D'Amico e il loro spettacolo funziona. Le ragazze sono...no, non sono diplomate a nessuna accademia, il loro curriculum lo dice. Il loro spettacolo è noioso e ripetitivo, monocorde e superficiale (parlo sempre di interpretazione).
Torniamo a "Nemico di classe". Prima visione: tutti bravi. Seconda (e terza) visione: bravi Prosperi-Kermit e Avagliano-Bago, con delle potenzialità Nicchi-Iron. Gli altri non incisivi. Bajo-Spillo un passo indietro agli altri.
Nella loro interpretazione appare chiarissimo che non sono stati diretti da un regista. Come hanno costruito il proprio personaggio è frutto di alcune sommarie indicazioni e poi niente più, lasciati alla propria fantasia e al proprio talento.
Allora si capisce la rigidità di Nicchi nella voce e nel corpo: probabilmente non ha trovato (perché il regista non ce l'ha condotto) un modo personale che sentisse come vero per interpretare il capo branco.
Tanto più, quindi, risaltano Prosperi e Avagliano: i rispettivi personaggi non sono stati scritti per emergere sugli altri; se in questo spettacolo risultano più incisivi è perché i due attori hanno trovato dentro se stessi qualcosa in più da dare al personaggio. Nell'autogestione emergono i migliori.
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