domenica 21 novembre 2010

TANTE RISATE CON COLPO DI SCENA (AGRODOLCE)


ERA ORA
di Alessandra Scotti
regia di Corrado Accordino
con Silvana Fallisi e Alfredo Colina


Lei entra in bagno, si dà una sistematina e quando esce dimentica l'anello sul lavandino. Lui entra in bagno dopo di lei, quando esce trova l'anello, ma goffamente lo fa scivolare nello scarico. Lei torna indietro alla ricerca dell'anello, si convince che lui glielo abbia rubato e lo "rapisce" (chiude a chiave la porta del bagno impedendogli di uscire). Lei è una donna tanto bella quanto singolare, lui è il classico uomo goffo che ha soggezione di fronte a una donna che tiene in mano la situazione. Uno sfigato, praticamente.
Inizia un susseguirsi di situazioni comiche date dai giochi di parole, dagli equivoci, dalle reazioni che l'uno provoca nell'altra e viceversa. Soprattutto, date da una struttura drammaturgica basata sulla sospensione e la divagazione, con giochi di ruoli, rottura della famigerata quarta parete (anzi vera e propria apertura, dato che il personaggio femminile mima l'azione di aprire una cerniera), situazioni quasi oniriche per il mescolarsi di personaggi che non hanno apparente attinenza con la storia.
Tra risate, applausi (troppi, al limite della sopportazione: bisognerebbe creare un corso di educazione del pubblico per far capire agli spettatori che non si trovano in uno studio televisivo. Abbiamo già sottolineato questa infelice tendenza del pubblico, stasera abbiamo superato ogni limite con un applauso scrosciante sull'apertura del sipario), momenti comici (alcune divagazioni sono esilaranti, come quella sul chakra), il pubblico aspetta la spiegazione dei fatti e la riconciliazione finale, e invece...
Corrado Accordino, regista evidentemente ispirato dal rovesciamento dell'aspettativa (ricordiamo la messinscena de La cosmetica del nemico di Amélie Nothomb), mette in scena un finale spiazzante: tutta la vicenda è il frutto dell'immaginazione del personaggio maschile. Dopo un monologo in cui sottolinea l'indifferenza reciproca che regola i rapporti che quotidianamente intrecciamo con le persone che incontriamo, capiamo che il desiderio di un uomo solo e disilluso di stabilire un contatto umano autentico con chi lo circonda è così intenso da fagli immaginare di interagire con la donna incontrata in bagno. 
Scopriamo così che a teatro si può ridere (e tanto, come in questo caso), e si può farlo non rinunciando all'intelligenza, ma anzi veicolando attraverso il riso considerazioni amarissime come quelle sulle nostre relazioni sociali inaridite. 
Il tema richiama quella "incomunicabilità" già fulcro del Teatro dell'Assurdo; ma qui, invece che prendere un testo di Beckett (che riconosciamo come Classico) e forzarlo per renderlo aderente alla nostra attualità, si è scelto un testo nuovo di una giovane drammaturga. 
Lo spettacolo è spassoso: gli attori sono in parte, la Fallisi è padrona della scena, le scelte registiche (dalla scenografia alle musiche) sono fortunate. Si potrebbe addirittura spingere ancora di più questa caratteristica spiazzante e approfondire un tema così urgente in questo periodo storico.
Purtroppo oggi, 21 novembre, è l'ultima replica ai Filodrammatici e lo spettacolo ha vissuto tre settimane di presenza in cartellone nell'assoluta indifferenza dei critici, che evidentemente hanno snobbato un prodotto comico ancorati al pregiudizio che il teatro comico equivalga al cabaret (magari anche fatto male). Questa è una gravissima mancanza da parte di chi, come il critico, è chiamato (o almeno dovrebbe esserlo) a fornire agli spettatori degli strumenti per scegliere, interpretare, apprezzare. Invece notiamo una tendenza a indirizzare il pubblico verso i prodotti commerciali, o, ancora peggio, verso prodotti di dubbio valore artistico e culturale, che rappresentano solo l'infatuazione senile di alcuni critici ormai in età ampiamente pensionabile nei confronti di una giovinezza che non verrà loro restituita. Mi riferisco a Franco Quadri e Gianfranco Berardi, e chi è stato al Litta alla prima di Land lover capisce (e forse condivide).
Forse se la comunità teatrale la smettesse di considerarsi divisa in settori e iniziasse a dialogare e a contaminarsi si potrebbe superare meglio e più in fretta questa crisi. Ma, come ci mostrano i due protagonisti della pièce, gli uomini non comunicano, non entrano in contatto tra di loro, non dialogano realmente. 

Se avrete l'occasione di vedere questo spettacolo in altre piazze vi consiglio di non perdervelo.
Per la tournée di "Era ora" consultate il sito www.agidi.it 


visto al Teatro Filodrammatici il 20.XI.2010

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