DESTINATARIO SCONOSCIUTO
dall'omonimo romanzo di Katherine Kressmann Taylor
con Massimiliano Lotti e Marco Pagani
regia di Gabriele Calindri
Cosa rimane di un'amicizia quando viene messa in discussione nei suoi presupposti dai cambiamenti, dalle incomprensioni, dagli avvenimenti personali e dagli eventi storici. Della fine di un'amicizia narra lo scambio di lettere che costituisce il romanzo di Kathrine Taylor Kressmann portato in scena dalla compagnia Otto&Marvuglia. La fragilità dei rapporti umani è rappresentata dalla vicenda di Max e Martin, un americano e un tedesco, amici fraterni (compresa la condivisione dell'attività di mercanti d'arte e dell'affetto di una donna - sorella di Max ed amante di Martin) tra i quali si alza un muro qualche tempo dopo il ritorno di Martin in Germania.
Amicizia: il più nobile dei sentimenti, quello più sincero, il focolare in cui rifugiarsi per sentirsi al riparo, viene qui disattesa, delusa, tradita.
Questo è il destino di tanti rapporti che ci circondano, che ci riguardano, di cui siamo vittime o responsabili. Ma sul palcoscenico si racconta molto più che una storia di incomprensioni: si racconta di un ebreo americano, Max, e di un tedesco, Martin. Siamo nel 1932, Martin ritorna in patria e incontra fatalmente le teorie di un nuovo leader politico, di una nuova guida capace di trainare il Paese fuori da una crisi economica e di valori. Tra i due amici scende come una ghigliottina Hitler.
La scena, fatta da elementi molto semplici (un tavolo, alcuni quadri su cavalletti e soprattutto le lettere incorniciate sulla parete di fondo) ma investiti di significato dalla regia attenta di Gabriele Calindri (interessanti anche le luci e gli interventi musicali non abusati), diventa luogo in cui i due protagonisti si parlano senza incontrarsi: la struttura epistolare trova corrispondenza semantica nella condivisione di uno spazio fisico in cui non si specchia lo spazio intimo dei sentimenti reciproci.
Fin dall'inizio i racconti che i due amici si scrivono a vicenda, racconti animati dall'allegria che sempre si ha nel fare riferimento a situazioni condivise, sono ombreggiati dall'insinuazione del dubbio, dall'incertezza che diventa presentimento di catastrofe.
Se l'accento dello spettacolo è posto sul rapporto di amicizia prima ancora che sul dato storico, la vera catastrofe sta nel tradimento degli affeti, che - senza anticipare lo svolgimento della storia, che avrà una svolta inaspettata e sorprendente - porterà a eventi tragicamente mortali.
Come tutti i grandi romanzi, le cui vicende si muovono in contesti storici turbinosi, anche questo è cesellato con eleganza sugli sviluppi politici che portano all'Olocausto. Non è denunciare quell'orrore lo scopo del testo. E' indagare l'animo umano di fronte alla crisi, al cambiamento, agli interrogativi che la situazione politica impone. E' mostrare le debolezze, le fragilità dei sentimenti e dei legami quando intervengono eventi eccezionali, che rivelano le contraddizioni e gli egoismi che rinnegano anche il passato più consolidato.
Martin rinnega l'amicizia con l'ebreo Max, rinnega le teorie liberali, rinnega anche i dubbi che egli stesso provava nei confronti dell'ascesa di Hitler, un dittatore che interpreta le speranze, le necessità, l'esigenza del popolo tedesco di trovare una guida, un capo.
Come non leggere un monito preoccupante sulle eventualità verso cui questa nostra situazione di crisi può degenerare? Sono i grandi insegnamenti della storia, i cosiddetti corsi e ricorsi da cui pare che l'uomo non riesca mai a trarre insegnamento per migliorare.
visto al Teatro Verdi di Milano il 5.II.2011
Per info sulla compagnia: Otto&Marvuglia
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