sabato 28 maggio 2011

"BLACKBIRD", SPETTACOLO 'POLITICO' SOSPESO TRA TRAGEDIA GRECA E TABU' CONTEMPORANEI

La storia del pluri-chiacchierato/descritto/rappresentato testo dello scozzese David Harrower l'hanno raccontata ormai tutti. Una scova Ray dopo quindici anni dalla fine, con abbandono, della loro relazione. Torna per dirgli tutto quello che è rimasto in sospeso. Fino a qui niente di insolito. Il particolare che muta scenari, implicazioni, densità dell'argomento è che all'epoca della loro relazione Ray aveva quarant'anni, Una dodici. Il tempo che li ha visti separati è stato intriso di galera e psicologi per lui, di assistenti sociali e psicologi per lei.

Foto di David Ruano

Non è un testo sulla pedofilia. Non è un testo che giudica.
Cos'è, allora, Blackbird?
E' un testo psicologico che, toccando stati emotivi generazionali comuni a tutti, emana una forza primitiva - purché ci si lasci guidare dal testo con curiosità e senza preconcetti.
E' un testo che crea diffidenza: inizialmente innocuo, innesca un'aspettativa sul suo imprevedibile sviluppo. I dialoghi intorno alle banalità delle prime battute lasciano il posto a un progressivo ispessimento della materia, e il peso specifico non è dato dall'argomento tout court, ma piuttosto da tematiche universali che indagano i meccanismi dell'amore e la scoperta di sé, che esplora le zone oscure di una mente vulnerabile, e che mostra la relatività delle posizioni. Harrower dimostra come giudicare i due personaggi sia insidioso e superficiale: Una e Ray sono entrambi vittime ed entrambi carnefici l'uno dell'altra. Con sorprendente intuizione l'autore ha ambientato la vicenda quindici anni dopo: il dramma vero, infatti, non è costituito dalla relazione - di cui, in verità, entrambi conservano un ricordo tenero - ma da quello che ha comportato la consapevolezza. Per lui, l'ammissione di aver commesso un errore; per lei, la coscienza di essere stata abusata. Nessuna istituzione, né la giustizia, né gli psicologi, hanno saputo fornire validi strumenti di ricostruzione del sé. E' straziante il racconto di Ray che spiega come abbia letto tutti i libri sui pedofili alla ricerca di uno specchio che gli rimandasse un'immagine di sé direttamente dalla sua coscienza.
E' un testo «politico», come lo ha definito lo stesso regista Lluis Pasqual, il quale costringe il pubblico alla partecipazione volendo le luci alte in sala per tutta la prima parte dello spettacolo, quasi a suggerire l'idea di luogo rituale, in cui i cittadini sono chiamati a riflettere su una situazione esemplare.

Il coinvolgimento e la forte partecipazione non ribaltano l'impressione che lo spettacolo sia stato tecnicamente sopravvalutato. Il testo non ha impressionato: la prima parte è inverosimile (due amanti che si incontrano dopo quindici anni non si parlerebbero così), e la grande scandalosità che ha reso necessario vietare lo spettacolo ai minori non ha scandalizzato, né il linguaggio è sembrato estremamente crudo. Blackbird, nondimeno, lascia degli ematomi dopo la visione: merito della capacità di Harrower di scavare in una situazione estrema portando alla luce le debolezze che, in maniera diversa da quella raccontata nel testo, segnano la vita di ciascuno. L'impazienza che da ragazzini porta a voler bruciare le tappe, il vuoto dell'abbandono e l'accusa nelle parole «mi avevi abbandonata dopo avermi fatto innamorare», lo strazio di subire una separazione.

La regia discreta di Pasqual è efficace per la scelta dell'ambientazione quotidiana: una stanza d'ufficio in disordine. Diverse le metafore: la spazzatura simbolo del disordine interiore dei due personaggi, la pedana che ruota quando Una inizia a ricordare i dettagli della sera dell'abbandono (e dell'arresto di Ray), segno esteriore di un vortice emotivo interiore. Metafore troppo cerebrali per essere determinanti nella resa del testo.

Lo spettacolo è affidato all'interpretazione dei due protagonisti: Massimo Popolizio presta a Ray un'umanità complessa; scava nel personaggio per dissotterrare angoli bui e offrire una generosa resa del prisma di emozioni, del vissuto a cui sa dare dignità, su cui riesce a tenere sospeso il giudizio. Un'altra intensa prova d'attore, costruita su una tecnica precisa, chirurgica, che gli consente di esplorare e trasmettere solo con le modulazioni vocali i molteplici stati psicologici del personaggio, rimanendo contemporaneamente sempre credibile, misurato, naturale.
Al contrario Anna Della Rosa appare costantemente sopra le righe: la voce sempre spinta e monocorde, e le intonazioni "cantate" hanno tolto credibilità al personaggio. La sensazione è che l'attrice stesse cercando di arrivare al personaggio da fuori, e non da un lavoro interiore. Il personaggio di Una è difficile, e forse necessita di un'attrice più matura. E' un ruolo che esige un lavoro interiore notevole per riuscire a farne emergere le caratteristiche di esemplarità quasi archetipica, come richiedono i personaggi del teatro classico. Per questo motivo possiamo considerare Blackbird un classico della contemporaneità.

«Mentre nella classicità tutto è consentito, nel moderno, stranamente e paradossalmente, ci sono dei tabù»: così Livia Pomodoro sullo spettacolo. Harrower rompe questi tabù, mostrandoci come in amore e nella vita ciascuno abbia la propria parte di colpa.
visto al Piccolo Teatro Studio il 25.V.2011

BLACKBIRD
di David Harrower
versione italiana Alessandra Serra
regia Lluis Pasqual
con Massimo Popolizio, Anna Della Rosa, Silvia Altrui

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