domenica 15 maggio 2011

IL VECCHIO E IL CIELO: CESARE LIEVI FOTOGRAFA LA REALTA' ITALIANA

L'Italia non è un paese per giovani: non avevamo bisogno di Cesare Lievi per sapere che la gerontocrazia (primato poco orgoglioso del nostro paese) ha allungato i tentacoli in tutti i settori.


La vicenda de Il vecchio e il cielo scaturisce da una notizia comune alle cronache dei quotidiani locali: rapina ai danni di un pensionato, derubato della pensione appena ritirata. La situazione in cui si trova il protagonista della pièce rende più drammatico l'accaduto: primo giorno di pensione, fine della professione di preside scolastico, inizio di una nuova vita. Affrontata con entusiasmo, con aspettative cariche di energia giovanile, dopo aver reciso tutti i "rami secchi, morti" - incluso il rapporto con la compagna di vita degli ultimi quindici anni.

La scena si apre sul salotto spoglio del protagonista, che racconta con meticolosa dovizia di particolari il furto appena subito. L'accaduto genera una crisi esistenziale nell'uomo maturo, incapace di leggere la propria vita come un flusso in continua evoluzione: nella faglia che si apre dalla frattura tra la vita attiva e dinamica (scandita dalle pulsioni vitali della carriera, dell'ambizione, dell'energia sessuale) e la vita contemplativa (in cui ritirarsi nella tranquillità degli affetti e nel piacere degli hobby), si insinuano la riflessione retrospettiva e l'inquietudine di procedere in maniera inesorabile verso il decadimento fisico e la perdita di lucidità mentale.
Intorno al burbero "vecchio" ruotano gli altri tre protagonisti: due donne (la figlia e la compagna) e Cielo, il barbone che lo ha derubato per poi ritornare sui propri passi per restituire il denaro al legittimo proprietario e diventarne amico. Più che amico: Cielo, con una metafora scontata, assume sempre di più i connotati della coscienza del protagonista, di quella parte di sé che ha mantenuto la voglia di godersi la vita - pur nella paura per il futuro incerto e inesorabile.

Il vecchio e il cielo è una commedia di vecchi e per vecchi. Non parlo di età anagrafica, ma di atteggiamento intellettuale: conservatorismo e gerontologia fanno perdere allo spettacolo l'occasione di affrontare temi universali (uno su tutti: la paura della morte) in maniera catartica per gli adulti ed esemplificativa per i giovani.
Drammaturgicamente stanco (pensare a un figlio maschio anziché femmina e a una coscienza femminile invece che rappresentata da un uomo avrebbe moltiplicato le soluzioni e approfondito le problematiche dei rapporti tra i personaggi, ma avrebbe offerto un prisma della situazione), lo spettacolo vede come unico rappresentante della prospettiva giovanile il personaggio della figlia: un compendio delle peggiori caratteristiche umane. "Incerta, fragile, egoista, interessata", la figlia si comporta con opportunismo e subdola gentilezza nei confronti del padre.
Se il testo manca di ritmo ed è scritto in una lingua né quotidiana né colta, la regia non dimostra maggiore efficacia. Ormai è consuetudine fare i cambi scena a vista: la differenza sta nel farli bene. Attori che spostano mobili, aprono e chiudono finestre e porte, fanno scorrere pareti, scopano per terra, tengono in bella (bruttissima) mostra per tutta la durata della scena un cartone di pizza (poco elegante persino nelle cene improvvisate con gli amici): più che una soluzione registica voluta, sembra che la regia non abbia voluto escogitare soluzioni sceniche più articolate - ma più eleganti. Non possiamo evitare di accennare ai costumi: esiste una differenza tra i vestiti di un barbone e dei semplici indumenti rotti, come esiste una differenza tra una regia rigorosa e coerente, e una regia abbozzata.
Solamente l'interpretazione misurata degli attori, e un acuto studio dei personaggi, avrebbe potuto alleggerire la noia. Purtroppo è mancato anche questo.

Il vecchio e il cielo, andato in scena al Piccolo Teatro, è uno spettacolo attuale perché ci ricorda la realtà ingessata e immobile contro cui ci scontriamo ogni giorno, e perché ci offre un chiarissimo esempio di come il mercato dei teatri stabili italiani sia infangato nelle sabbie mobili degli scambi. Controllare la stagione del Teatro Stabile di Udine - di cui Lievi è direttore artistico - per credere.
visto al Piccolo Teatro Grassi il 9.V.2011

IL VECCHIO E IL CIELO
testo e regia Cesare Lievi
con Gigi Angelillo, Ludovica Modugno, Paolo Fagiolo e Giuseppina Turra
scene Josef Frommwieser
costumi Marina Luxardo
luci Gigi Saccomandi

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