domenica 30 gennaio 2011

LA CONFIDENZA DELLE DONNE COL DOLORE: Lucrezia Lante della Rovere racconta il "Malamore"

MALAMORE
di Concita de Gregorio
con Lucrezia Lante della Rovere
al pianoforte Vicky Schaetzinger
regia di Francesco Zecca

Lucrezia Lante della Rovere passa in mezzo al pubblico con delicatezza, con l'eleganza che contraddistingue il suo portamento, la sua figura, il suo abbigliamento che unisce maschile e femminile: maschile nel pantalone, femminile nel top che lascia scoperta la schiena. Questi "Esercizi di resistenza al dolore" iniziano mettendo sotto i riflettori la scelta personale di dare spazio alla carriera senza rinunciare alla famiglia. E' il punto di partenza di un percorso nell'universo femminile in cui si incontrano violenza, paura, dolore. Anzi, confidenza al dolore, ciò che veramente contraddistingue le donne. In questo percorso ci si imbatte in alcuni emblemi della femminilità moderna: da Louise Bourgeois alla laureata che per mantenersi fa la prostituta, fino a Dora Maar, la cui storia ci coinvolge più delle altre, forse perché più delle altre ci riguarda. E' la storia di una donna che si annulla per amore nella personalità dell'uomo (Picasso, "è uno strumento di morte...non è un uomo, è una malattia"), che finisce per esserne il carnefice.
L'attrice parla con il pubblico (speriamo che un giorno questo pubblico italiano passivamente imbalsamato possa interagire con chi da sopra il palcoscenico lo chiama alla partecipazione) e mette sul tavolo della discussione le carte dell'emancipazione, della vulnerabilità degli uomini, della paura delle donne di essere se stesse quando se stesse significa autonomia, indipendenza.  
In un teatro che vuole trasformarsi in gineceo (e ci riesce, peccando forse un po' di compiacenza) in cui eccezionalmente vengono ammessi anche gli uomini - ai quali tentare di far capire la meravigliosa complessità della femminilità (ammirevole stoicismo nel tentativo di realizzare l'impossibile) - c'è spazio anche per il sorriso che suscita l'insegnamento della topolina. Si sorride, finché non si capisce che siamo tutte un po' "topoline", convinte che con noi il gatto sarà diverso e non ci mangerà.

L'eleganza della Lante della Rovere pervade tutta la scena, sobria, illuminata con una luce avvolgente che mette in risalto la protagonista e la pianista Vicky Shaetzinger, già vista in altri spettacoli, accompagnatrice partecipe e interprete intensa. 
L'attrice ci ha stupiti: in questa operazione molto romana del nome televisivo avevamo qualche pregiudizio, smentito da un'intepretazione appassionata. Meglio, comunque, la recitazione delle storie che non nella cornice di commento/riflessione: la Lante della Rovere dà corpo e sfumature con la propria vocalità ora soffiata, ora dirompente, ora delicata alle donne che interpreta. Manca un po' di verità, invece, quando si rivolge direttamente alla platea.
La delusione (anche questa inaspettata) arriva nel testo di Concita de Gregorio: manca la coesione tra le varie storie, o meglio il fil rouge è l'amore che distrugge le donne, ma nel sostenere questo argomento l'autrice sembra a tratti ripiegarsi su un autoreferenziale discorso postfemminista di affermazione della parità dei sessi e della diversità da difendere delle donne. 
Bello, comunque, trovare una sera per fermare la nostra incasinatissima vita e ricordarci cosa significa essere una donna oggi, qui.

visto al Tieffe Teatro Menotti il 29.I.2011

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