domenica 16 gennaio 2011

UN “CUORE DI CACTUS” ALLA RICERCA DI SE STESSO: dal romanzo allo spettacolo teatrale.

"Cuore di cactus" in prova
Lasciare la Sicilia intrisa del sangue dei morti di mafia: nel 1985 il commissario Ninni Cassarà, nel 1992 Falcone e Borsellino. Antonio Calabrò e Fausto Russo Alesi: due storie simili destinaate a incrociarsi. 
Accadrà a teatro: dal 18 gennaio al 6 febbraio al Teatro Franco Parenti Fausto Russo Alesi porterà in scena Cuore di cactus, tratto dall'omonimo libro di Calabrò, pubblicato a marzo 2010. L'attore curerà anche la regia e nel lavoro drammaturgico ha avuto la collaborazione dello stesso autore, che "ha tagliato e 'concentrato' una confessione a voce alta - spiega Calabrò. Prima di allora Russo Alesi lo conoscevo solo di nome. L'avevo visto al Piccolo Teatro di Milano: un meraviglioso Shylock nel Mercante di Venezia di Shakespeare, con la regia di Ronconi".

Antonio Calabrò, giornalista, scrittore e ora direttore degli Affari istituzionali e culturali della Pirelli e della Fondazione Pirelli, ha definito Cuore di cactus un “Diario in pubblico”: la storia privata dell’uomo si riflette nelle vicende pubbliche di un Paese di cui si seguono i cambiamenti politici, economici  e culturali dagli anni Sessanta ad oggi. E’ un bilancio della propria vita, vissuta tra Palermo e Milano, e delle proprie scelte; un tentativo di confrontarsi con il proprio tempo e con la nostalgia dei ricordi, con il proprio impegno professionale e culturale, con il proprio ruolo di “uno che se ne va”.
Calabrò, originario di Patti (Me), ha scelto di andarsene dalla sua Sicilia nel 1985, dopo un quindicennio di crescita professionale nella redazione di L’Ora, giornale di battaglia civile contro la mafia. Lo stesso giorno dell’uccisione dell’amico Ninni Cassarà, commissario impegnato nella lotta alla mafia, Calabrò decide di partire per Milano, emblema di un Nord percorso da vertigini industriali e tensioni sociali.
Nello spettacolo Fausto Russo Alesi amalgama e sovrappone la propria esperienza personale al racconto di Calabrò, dando voce e corpo alla ferita interiore aperta dallo strappo tra il sentimento forte delle proprie radici isolane e il desiderio, la necessità di andare altrove; tra il cercare se stessi nei luoghi delle proprie origini o trovare se stessi altrove, con la tentazione di cedere all’idea di aver tradito la propria terra e la consapevolezza di non averlo fatto.
"In Sicilia si ha più coraggio a restare, che a partire - spiega l'attore. Ma a restare lì, la senti tutta, quella sensazione descritta da Calabrò, l'essere costretto dal mare".
La messinscena, che prevede l'accompagnamento del pianoforte in scena, si fonda su questi due elementi: quello della distanza e quello della “ferita aperta”, il cui dolore l’interprete cerca di lenire attraverso il racconto. Un racconto che rappresenta un atto d’amore nei confronti della Sicilia, un amore che rimane sempre (nonostante le difficoltà del rapporto con la propria terra d’origine), come l’acqua conservata nel cuore del cactus anche nel deserto.
La conclusione legittima le proprie scelte e dà loro la conferma dei fatti: "Bisogna davvero andare per mare, per ritrovarsi".

Teatro Franco Parenti
dal 18 gennaio al 6 febbraio 2011
Sala A come A
orario spettacoli: dal martedì al venerdì ore 20.30 - sabato ore 19.45 - domenica ore 16 - lunedì riposo


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